C’è ancora un futuro per i nostri giovani ?

Oggi i giovani vivono una stagione di pesante impotenza e grigiore rispetto alla stagione di speranza nella quale noi siamo cresciuti.
Il nostro compito non può non essere quello di schierarci a sostegno delle loro esigenze per evidenziarne valori , non solo i bisogni, ma anche i valori nuovi emergenti condannati da una “democrazia dispotica” alla marginalità ed alla ghettizzazione , dobbiamo contribuire ad offrire ai giovani spazi di razionalità politica selettivi anche di classi dirigenti non d’apporto oligarchico, non limitandoci a controllare solo la possibile degenerazione dispotica quanto suggerendo ai “ despoti “ un tipo di programmazione riformatrice diversa.
Non può essere del nostro “personale futuro” , visto in senso stretto, che occorre preoccuparsi, ma delle forme attraverso cui la politica ancora può porsi come strumento di liberazione dell’uomo dovendo constatare la crisi dei “ due grandi partiti “ e la loro trasformazione da strumenti di mediazione degli interessi e dei valori dei cittadini, ad apparati tecnocratici e corporativi per il controllo del consenso e del potere. Ciò che i giovani subiscono non è che la maschera inerte e impotente del ristrutturarsi impazzito del potere economico,finanziario, criminale.
Il problema grave che non sembra essere compreso dallo stesso più “grande” partito di opposizione non è tanto il ritrovarsi di fronte ad un cambiamento in senso regressivo, ad una restaurazione, ad una svolta autoritaria quanto un affermarsi di un sistema che progressivamente cerca di esercitare un controllo pressoché totale sulla soggettività umana in grado non solo di creare sempre più sofisticati prodotti o messaggi con cui condizionare la gente ma perfino costruirsi consumatori su misura espropriando la gente della capacità di pensare autonomamente, di fare autonomamente. E’ un sistema creato ed imposto tendente ad aumentare la dipendenza del cittadino, il consumo di un determinato servizio (l’istruzione, la salute, il lavoro ) rendendo così impossibile, quando non illegale, l’esercizio e la trasmissione di capacità proprie.
Per molti giovani , per i nostri bimbi ormai l’acquisizione delle immagini del mondo, dei significati primari della vita e delle cose non avviene più attraverso un contatto con la realtà naturale e con le altre persone, ma attraverso “ un “ mezzo televisivo; una televisione monopolizzata che non manipola solo la visione della situazione politica ma il rapporto vero con la realtà.
In questo panorama di progressiva omologazione nel quale questo governo ci sta trascinando, emergono fortissime richieste di identità di tanti giovani, di tante donne, del mondo del lavoro e della cultura.
Purtroppo, per mancanza di una trasparente opposizione, dal più grande partito di opposizione, che ha mantenuta intatta la sua “casta” della prima Repubblica, tardano ad emergere appieno le richieste di identità da parte di tanti cittadini.
Sono i motivi che spingono tanti amici a testimoniare, da “navigatori solitari” la passione per la ricerca di nuove strade di liberazione nella storia pur difficile di oggi.
Il futuro della politica si giocherà in una grande tensione ideale e storica verso la realizzazione dell’uguale soggettività politica dei cittadini. E la misura di questa battaglia resterà costantemente il potere concreto di governo dell’ultimo, del povero, dell’emarginato.
La vita pubblica è da dieci anni appiattita sul problema del quadro politico, degli schieramenti e trascura sistematicamente i contenuti, accetta senza riserve la lottizzazione e pratica in massa lo scambio tra consenso e favori. Questa politica berlusconiana, finchè non sarà contrastata in misura energica nei contenuti da politici non coinvolti in “inciuci” del passato, non può che evolversi verso equilibri realizzati a livelli sempre più bassi di efficacia e di moralità ( caso .. “ i responsabili” alla Camra dei Deputati ) con il prolungarsi, anzi il peggiorarsi, di una crisi generale che, in verità, penso essere ancora lontana dal trovare un punto di vera svolta e vera ripresa.
Chi non vuole accontentarsi di sopravvivere negli spazi della litigiosità del PDI non può guardare alle mediazioni, ma innanzitutto cominciare a difendere le condizioni indispensabili per un rinnovamento, facendo crescere dentro ed attorno a sé le condizioni necessarie per alternative reali.
scarpinos@alice.it